La netta decisione da parte della Russia di Putin di invadere uno Stato sovrano come l’Ucraina e le successive condotte criminose perpetrate ai danni dei civili configurano una situazione senza precedenti su suolo europeo dai tempi della seconda guerra mondiale.
A poco più di due mesi dall’inizio di quella che oggi presenta – a tutti gli effetti – i caratteri di una guerra, si contano violazioni di diritto internazionale umanitario, delle norme poste a protezione dei diritti umani, della Carta ONU, dello jus cogens, del diritto penale internazionale.
Quanto sta accadendo è tanto più grave se si pensa al ruolo della Russia all’interno della comunità internazionale: membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e membro storico del Consiglio d’Europa, organizzazione in seno alla quale nasce la Corte europea dei diritti dell’uomo come organo giurisdizionale istituito a protezione della Convenzione CEDU.
Da un lato, l’organo di punta delle Nazioni Unite rivela – ancora una volta – quanto oggi la sua composizione risulti obsoleta e quanto il diritto di veto sia inadeguato a rispondere in maniera rapida ed efficace alle crisi internazionali, ravvivando il dibattito sulla necessità di una modifica strutturale e funzionale che proprio in questi giorni ha visto l’intervento dell’Assemblea Generale; dall’altro, l’organizzazione europea istituita a protezione dei diritti umani ha una diversa libertà di muoversi in risposta a quanto posto in essere dalla Russia.
Tuttavia, se il crimine di aggressione commesso dalla Russia è sotto gli occhi di tutti, per altri atti risulta estremamente difficoltoso raccogliere materiale probatorio.
La difficoltà, in determinate situazioni di crisi, di stabilire con certezza gli atti compiuti dalle parti in conflitto richiede la presenza sul campo di osservatori super partes, in grado di documentare in maniera imparziale il verificarsi di specifici atti contrari al diritto internazionale.
Su questo aspetto, il conflitto russo-ucraino sembra mostrare delle peculiarità in questo senso: è il primo conflitto internazionale documentato direttamente dagli attori sul campo attraverso la condivisione di immagini e video in diretta sui social network, contribuendo ad accrescere la consapevolezza della portata del conflitto e a inquadrarlo da diverse angolazioni.
Le violazioni del diritto internazionale
L’articolo 8bis, paragrafo 1, dello Statuto della Corte Penale Internazionale riconosce come crimine di aggressione la pianificazione, la preparazione, l’inizio o l’esecuzione, da parte di una persona in una posizione tale da esercitare effettivamente il controllo o di dirigere l’azione politica o militare di uno Stato, di un atto di aggressione che, per il suo carattere, gravità e portata costituisce una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite.
Per “atto di aggressione”, il paragrafo 2 intende l’uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro Stato, l’occupazione militare – anche temporanea – che risulti da tale invasione o attacco, compresa l’eventuale annessione territoriale per mezzo dell’uso della forza; bombardamenti, uso di armi, blocco dei porti e in generale qualunque uso della forza armata contro un altro Stato via terra, mare, aria.
L’esistenza di una definizione specifica rende palese la colpevolezza della Russia. Un’azione di questa portata equivale anche alla violazione del divieto dell’uso della forza, visto sotto la duplice veste di norma di jus cogens e di norma contenuta nell’articolo 2, par. 4 della Carta ONU, in base alla quale i membri delle Nazioni Unite devono astenersi dalla minaccia o dall’uso della forza nelle relazioni internazionali, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile coi fini delle NU.
L’aggressione non è l’unico crimine commesso dalle forze armate russe: crimini efferati contro i civili perpetrati nella città di Bucha hanno tolto ogni dubbio sulla violazione di crimini di guerra.
Rotture del diritto internazionale umanitario attraverso violazioni sistematiche delle Convenzioni di Ginevra, violazione del “cessate il fuoco” disposto dalle NU, uso di armi proibite come le bombe a grappolo: i media internazionali e le organizzazioni non governative stanno raccogliendo materiale eloquente, fondamentale per consentire l’adozione di misure idonee contro i responsabili di tali azioni.
Le contromisure adottate dalla comunità internazionale
In quanto Stato parte della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, su impulso del governo ucraino, il 1 marzo era stata emessa una misura ad interim nei confronti della Russia da parte della Corte EDU con l’indicazione di astenersi da attacchi militari contro i civili e obiettivi non militari quali abitazioni, mezzi di soccorso e altri particolarmente protetti come scuole e ospedali, e di garantire immediatamente la sicurezza di strutture e personale sanitario nelle zone sotto attacco. La Corte ha applicato questa misura in base all’art. 39 delle Rules of Court, il quale prevede che una misura d’urgenza venga rivolta verso uno Stato che sia parte della Convenzione EDU in caso di rischio imminente di danno irreparabile.
La risposta della Russia non si è fatta attendere: in una dichiarazione del 10 marzo, il ministro degli esteri russo Lavrov, con una considerazione sulla “irreversibilità del corso degli eventi” annuncia l’uscita del Paese dal Consiglio d’Europa. Questo ha sicuramente aperto una frattura senza precedenti, oltre a far venire meno una base giuridica fondamentale idonea a giustificare la comminazione di una sanzione nei confronti della Russia per violazione delle norme poste a protezione dei diritti umani.
Da questo momento in poi, anche in concomitanza agli accertamenti sul campo portati avanti da task forces istituite, fra gli altri, dallo stesso governo ucraino, la comunità internazionale si è mossa in diverse direzioni per punire i crimini commessi dalla Russia in base al principio della giurisdizione universale. In particolare, Lituania e Polonia hanno agito in base al proprio diritto nazionale al fine di indagare il crimine di aggressione e il Procuratore della Corte Penale Internazionale Karim Khan ha reso noto, lo scorso 25 aprile, di prendere parte alla Joint Investigation Team (JIT) per indagare sui presunti crimini internazionali commessi in Ucraina proprio insieme a tali Stati e sotto l’egida di Eurojust, sottolineando come questo dia un forte segnale di collaborazione a più livelli e contribuisca ad accrescere la condivisione delle informazioni le indagini e l’azione penale delle autorità nazionali nel rispetto dello Statuto di Roma.
Numerosi altri sforzi in questo senso arrivano dall’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani ODIHR dell’OSCE, attraverso la redazione di un report contenente la descrizione di tutti gli atti compiuti dalla Russia su suolo ucraino, al fine di stabilire poi l’eventuale commissione di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Dal canto suo, l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, con il supporto di un Explanatory Memorandum presentato dal Rapporteur Aleksander Pociej che raccoglie gli atti commessi dalle forze russe a partire dal 24 febbraio, propone l’istituzione di un tribunale speciale ad hoc sul crimine di aggressione. Si tratta, infatti, di un crimine soggetto alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale solo se commesso da/in uno Stato che sia parte dello Statuto della Corte, e questo non è il caso dell’Ucraina e della Russia. L’opportunità di esercitare la giurisdizione su tale crimine può provenire da un referral al procuratore della CPI da parte del Consiglio di Sicurezza ONU, ma l’esercizio del diritto di veto da parte della Russia annullerebbe immediatamente tale soluzione.
L’Ucraina, dal canto suo, dopo aver intrapreso il primo processo contro un soldato russo per aver commesso crimini di guerra, ha emesso la prima sentenza con pena l’ergastolo. Grazie al lavoro di investigatori ucraini, sono state registrate uccisioni contro civili disarmati nella regione di Sumy: si tratta del primo soldato russo a dichiararsi colpevole di aver commesso tali atti.
In questo momento e data la complicata situazione della Russia in tema di giurisdizione penale internazionale, le sanzioni di carattere economico e diplomatico sono mosse preziose. Tuttavia, la presa di posizione del procuratore Khan, la proposta dell’istituzione di un tribunale ad hoc, l’intervento dell’Assemblea Generale delle NU sul veto del Consiglio sono il segnale di un cambiamento di rotta importante nel perseguimento dei crimini internazionali.
Dott.ssa Antonella Chisena