TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO E PREVENZIONE DELL’INQUINAMENTO DEL MARE

(Articolo originariamente apparso su Das.it)

Le norme per la riduzione dell’inquinamento del mare

L’annosa problematica relativa all’inquinamento del mare, causato in particolare dallo sversamento di rifiuti e dallo scarico del combustibile delle navi, è stato affrontato già nel lontano 1973 e 1978, allorquando alcuni stati, tra cui l’Italia, hanno sottoscritto due trattati, poi confluiti in Italia nella legge nazionale n. 662 del 29 settembre 1980.

La citata normativa è stata elaborata con la finalità di una drastica riduzione dell’inquinamento del mare conseguente allo sversamento di rifiuti, ma anche di idrocarburi e gas di scarico delle navi. Devono sottostare agli obblighi previsti dai trattati del 1973 (il MARPOL 73 – acronimo di Marine Pollution) e del 1978 (TSPP – acronimo di Tanker Safety and Prevention of Pollution) tutte le navi battenti bandiera degli stati aderenti (e l’Italia è uno di questi), nonché tutte le navi costruite a decorrere da quelle date in poi: gli stati aderenti sono responsabili per tutte le navi iscritte nei registri portuali competenti dei propri porti, anche se battono bandiera di un altro stato.

La normativa in parola prevede che il comandante della nave debba rapportarsi con lo stato costiero più vicino nel caso in cui la sua nave sia coinvolta in un incidente che possa provocare inquinamento marino e prevede anche la procedura arbitrale cui deve attenersi.

Inoltre disciplina la materia relativa a:

  • inquinamento da idrocarburi;
  • prevenzione dell’inquinamento da sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa;
  • inquinamento da sostanze dannose trasportate in colli;
  • inquinamento da acque di scolo delle navi, inquinamento da rifiuti solidi scaricati dalle navi;
  • inquinamento atmosferico da SOx e da NOx da scarichi dei motori.

I Paesi aderenti presso cui sono iscritte le singole navi sono responsabili di certificare la conformità della nave agli standard di prevenzione dell’inquinamento prescritti dai trattati.

La responsabilità del proprietario della nave

Nel novero dei trattati internazionali concepiti con la finalità di ridurre l’inquinamento del mare, assumono particolare rilievo le convenzioni del 1969 (l’International Convention on Civil Liability for Oil Pollution Damage) e del 1971 (International Convention on the Establishment of an International Fund for Compensation for Oil Pollution Damage – cosiddetta Convenzione FUND).

La particolarità della normativa prevista in queste convenzioni consiste nella previsione della responsabilità del proprietario della nave, il quale risponde fino ad un determinato importo; questo importo deve essere garantito da una polizza di assicurazione obbligatoria; nell’ipotesi che l’importo non sia sufficiente a risarcire i danni cagionati, è previsto l’intervento del Fondo, così come creato dalla Convenzione FUND. L’importo in parola è pari a 135 milioni di DSP, aumentabile fino a 200 milioni di DSP nell‘ipotesi in cui lo Stato danneggiato riceva più di 600 milioni di tonnellate di Petrolio. A decorrere dal 2003 è stato istituito un fondo supplementare pari a 750 milioni di DSP. I DSP sono una valuta speciale, esattamente una unità di conto del Fondo Monetario Internazionale, il cui valore è ricavato da un paniere di valute nazionali; è generalmente utilizzato per le transazioni commerciali internazionali.

Il citato Fondo integra l’importo di cui risponde il proprietario nelle ipotesi in cui il limite della responsabilità per cui risponde il proprietario della nave sia insufficiente a ristorare il danno cagionato; oppure nell’ipotesi in cui il proprietario e la sua assicurazione non siano in grado di far fronte al danno cagionato, o ancora in presenza di casi eccezionali nell’ambito dei quali non è possibile rivalersi sull’assicurazione della nave che ha provocato il danno. Vale a dire nel caso in cui è dimostrato che l’inquinamento è derivato da un atto o da un’omissione personale dell’armatore commesso con l’intento di cagionare il danno, o con la consapevolezza che si sarebbe verificato il danno.

I contratti di assicurazione nel diritto marittimo

Merita a questo punto fare breve menzione dei contratti di assicurazione che usualmente vengono stipulati nel settore marittimo; e tale menzione è qui giustificata dal fatto che anche l’evento relativo allo sversamento accidentale di rifiuti in mare o alla dispersione del carico o all’inquinamento per scarico accidentale di combustibile può trovare copertura assicurativa.

I contratti stipulati in questo settore si distinguono in cd “settore merci” e cd “settore corpi”; il primo attiene alla copertura in occasione di trasporto di merci, mentre il secondo è relativo al mezzo di trasporto utilizzato: la nave.

Le polizze stipulate nel settore merci si distinguono in polizza a viaggio singolo e polizza globale: la prima categoria è riferita ad un viaggio individuale, mentre la seconda è riferita a più viaggi.

Concetto giuridico centrale in questa tipologia di contratti di assicurazione è l’Avaria, che è da intendersi come ogni evento dannoso occorso al mezzo di trasporto (la nave) e al suo carico; la copertura assicurativa è estesa ai danni cagionati ai terzi, e quindi anche in caso di inquinamento.

La direttiva comunitaria 2019/883 e la legge Europea

Anche l’Unione Europea, con la Direttiva 2019/883 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019, ha, negli ultimi anni, affrontato il problema dello scarico in mare di plastica e rifiuti vari. L’obiettivo della UE è stato quello di fornire incentivi affinché le navi conferiscano i rifiuti nei porti e non al largo in mare; questo attraverso la messa a disposizione nei porti di impianti adeguati per la raccolta di rifiuti (ad esempio è previsto che i porti dispongano di specifici piani di raccolta e di gestione) vale a dire che le navi dovranno versare una tariffa indiretta che darà loro il diritto di consegnare i loro rifiuti. Questa tariffa dovrà essere pagata indipendentemente dal fatto che esse conferiscano effettivamente i rifiuti e si applica anche ai pescherecci e alle imbarcazioni da diporto.Uno degli obiettivi di questo meccanismo è anche quello di impedire lo scarico a mare delle reti da pesca una volta non più utilizzate.

Può anche verificarsi che le navi consegnino un quantitativo eccezionale di rifiuti: in questo caso può essere imposta una tariffa diretta supplementare.

Di contro la tariffa sui rifiuti sarà ridotta per il trasporto marittimo a corto raggio e per le navi che dimostrano di produrre minori quantità di rifiuti e di gestirli in modo sostenibile a bordo.

La normativa europea contempla anche un meccanismo di ispezione a carico degli Stati membri, i quali di concerto con gli altri stati membri stabiliscono le procedure di ispezione, anche tenendo conto della tipologia del carico e della natura della nave; è data facoltà allo Stato che effettua l’ispezione, nel caso in cui i risultati dell’ispezione non siano soddisfacenti, di non autorizzare che la nave lasci il porto fino a quando non avrà conferito i propri rifiuti ad un impianto portuale di raccolta.

Sono previste altresì le sanzioni da comminare, stabilite dai singoli Stati membri, e calcolate in base a criteri di effettività, proporzionalità e dissuasione.

In conclusione va precisato che la materia qui affrontata ha subito notevoli modifiche negli anni, soprattutto perché, sempre di più, il malcostume dell’inquinamento dei mari ha preso piede. Caratteristica della materia è di essere altamente specialistica e trasversale, trovando la fonte sia nei trattati internazionali ed europei, di cui solo in parte si è dato conto, sia nel diritto amministrativo e penale dell’ordinamento italiano.

Scritto dall’Avv. Pierpaolo Petruzzelli