G. O., marinaio di Bari impiegato su navi petroliere, addetto alle operazioni di carico e scarico carburanti con relative operazioni di pulizia delle cisterne e delle caldaie, e assistente in sala macchine, è deceduto per un carcinoma polmonare per esposizione ad asbesto e IPA nel novembre 2011. A parere dell’Inail la vedova non poteva essere ammessa all’indennizzo previsto in favore dei superstiti a ristoro della morte del congiunto, poiché la relativa domanda amministrativa era stata presentata oltre i 3 anni e 150 giorni previsti dalla legge. Grazie al team dello Studio è stato dimostrato che il termine per poter presentare la relativa domanda doveva decorrere non dal decesso dell’assicurato, bensì dal momento in cui la vedova aveva avuto cognizione che la malattia ad esito mortale contratta dal congiunto fosse stata causata dall’esposizione ad agenti tossici presenti nel luogo di lavoro. Oggi la vedova percepisce una rendita mensile, unificata alla pensione INPS di reversibilità. Attraverso il denaro si cerca di ‘compensare’ un danno difficilmente quantificabile, perché la salute è un bene primario ed inalienabile riconosciuto e garantito ai cittadini anche dalla Costituzione.
Il caso di Anna, moglie di un marittimo morta di amianto
La definizione di nemico silenzioso, spesso attribuita all’amianto, non è affatto inopportuna. Ne abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione occupandoci del caso di Raffaele e Anna, marito